C’è molta confusione su questa parola: neurodiversità.
Da una parte ci sono coloro che, comprensibilmente, si lasciano ingannare dai due termini che creano questo sostantivo: “neuro” e “diversità”, e pensano che la neurodiversità sia sinonimo di disturbo neurologico.
In realtà neurodiversità è una di quelle parole belle, utili, è uno di quei concetti che ci aiutano allargare la nostra visuale sulla diversità che ci contraddistingue come specie.

Per comprendere bene cosa significhi questo termine, dobbiamo partire dal concetto su cui esso si basa: la diversità.

Per  Diversità, si intende la variabilità che rappresenta la condizione di base del mondo naturale.

Da questa idea di variabilità sono nate parole come bio-diversità, che dalla Convenzione sulla Diversità Biologica delle Nazioni Unite è definita “variabilità tra gli organismi viventi di ogni origine compresi, tra l’altro, gli ecosistemi terrestri, marini ed acquatici e i complessi ecologici di cui sono parte; questo comprende la diversità in una stessa specie, tra le specie e quella degli ecosistemi, oppure il suo omologo neurologico: neurodiversità.

La neurodiversità umana è quindi,  un sottoinsieme della biodiversità.

Proprio come la Biodiversità si riferisce a TUTTE le specie in un luogo o ecosistema specifico, la Neurodiversità si riferisce a TUTTI gli Umani (la specie Homo Sapiens) in un luogo specifico, il Pianeta Terra. 

 In pratica: siamo tutti neurodiversi.

In questa enorme variabilità che contraddistingue i nostri cervelli, nella neurodiversità che accomuna tutte e tutti, esistono però determinate caratteristiche che sembrano presentarsi con una certa frequenza in alcune persone. Per la maggioranza della popolazione (circa l’80%) parliamo allora di sviluppo neurologico tipico, ferme restando le inevitabili e naturali differenze tra un individuo e l’altro, anche in questa generalizzazione.

Con  neurotipico, intendiamo quindi la maggioranza, coloro che in una serie di caratteristiche hanno seguito uno sviluppo neurologico simile. Questo risulta in un modo abbastanza omogeneo di percepire gli stimoli interni ed esterni, di elaborarli e quindi in una certa uniformità nel modo di relazionarsi a se stessi e all’ambiente attraverso i comportamenti.

Il restante 20%, più o meno, è composto da quelle persone che per un motivo o per un altro hanno seguito uno sviluppo neurologico più o meno differente rispetto alla media: il loro sistema nervoso, in alcune aree e in modi differenti da individuo a individuo, si è organizzato in modo atipico. In questa ideale categoria rientrano le persone autistiche, ADHD (deficit d’attenzione e iperattività), dislessiche, disprassiche, tourettiche, discalculiche, disgrafiche ecc.

Ci si augura che un concetto così importante come quello di neurodiversità possa essere utilizzato sempre di più in modo corretto per esprimere la diversità neurologica tra una persona e l’altra, idea fondamentale  per cominciare a guardare alle neurodivergenze, come l’autismo, in quanto differenze e non deficit.