Salve, mi chiamo Antonia.
Sono una mamma sofferente – ma combattiva – di Gerardo, un bambino autistico non
verbale, che tra pochi mesi compirà 10 anni (esattamente il 25 luglio).
In questo giorno speciale, la vita ha voluto farci un dono grande, nonostante tutte le
difficoltà che si presentano quotidianamente, perché purtroppo l’autismo è una
patologia debilitante, una malattia vera e propria che non colpisce solo il bambino, ma
anche tutta la sua famiglia.
C’è tanto da raccontare di questi 10 anni: dalle visite iniziali, agli albori, quando
Gerardo (verso i 18 mesi) dava già segni evidenti di autismo, ma un paio di specialisti
tagliavano corto, parlando di mutismo tipico dei maschietti, o addirittura
consigliandomi di fare un altro figlio, perché “mamma troppo apprensiva”...
Vi risparmio il patimento che abbiamo dovuto affrontare nella nostra città, tra medici,
terapisti e neuropsichiatri infantili, persone che non hanno voluto credere in Gerardo
e nelle richieste di aiuto di due genitori disperati; tra terapie private a nostre spese e
lunghissimi tempi di attesa per entrare in un centro di riabilitazione convenzionato.
La prima diagnosi Gerardo l’ha avuta al “Bambino Gesù” di Roma, verso i 3 anni e
mezzo circa. Spesso mi chiedo a cosa sia servito accorgermene prima, muoversi in
tempo per provare a salvare mio figlio dalla regressione. Ogni giorno, al risveglio,
guardo mio figlio e realizzo tutta la mia impotenza nel vederlo dare testate al muro o
sul pavimento, senza poter intervenire, perché non tutti capiscono cosa voglia
comunicare in quel momento, ma quello è il suo modo di esprimersi.
Provate a mettere una mano alla bocca e al contempo urlare: ecco, avrete sperimentato
ciò che prova Gerry.
Oppure, quale esempio migliore al giorno d’oggi: tenendo la mascherina 24 ore su 24
e non poterla togliere.
La mia testimonianza serve anzitutto affinché si abbia consapevolezza dell’autismo,
ancora sconosciuto ai più, specie per chi non lo vive 24 ore su 24. Ma serve anche – e
soprattutto – per mettere in evidenza il marcio e il “magna magna” che fa da sfondo
alle cure di queste povere anime.
Noi genitori stiamo combattendo una battaglia da soli, per scoperchiare un vaso di
Pandora che è ormai colmo. Nel nostro piccolo stiamo cercando di debellare le
ingiustizie che ha subito – e continua a subire – nostro figlio, proprio da coloro che
dovrebbero aiutarlo nel suo percorso di cura, in barba alle sue necessità, al suo futuro.
C’è da scrivere un libro, ma forse un solo libro non basterebbe a racchiudere e a
raccontare questa dura realtà. Perché la gente che specula sulle sofferenze altrui è da
mettere alla gogna, e se non vi si pone un freno, l’autismo continuerà ad essere una
fonte di arricchimento per gli altri, e non di cura per loro.
In un periodo in cui si parla tanto di integrazione delle diversità, di disegni di legge
appositi, restano tagliati fuori quelli che più di tutti meritano le luci della ribalta.
E non venite, vi prego, il 2 aprile, Giornata mondiale della consapevolezza
sull’autismo, accendendo una luce blu come simbolo di vicinanza, ad ogni monumento
della città: più fatti e meno parole!
In ultimo, mi auguro di incorrere in qualcuno che possa investire su Gerardo. Che
creda nelle sue potenzialità, al momento solo nascoste, e che lo aiuti finalmente a
parlare.
Antonia Salvo